giovedì 20 giugno 2024

La casa della morte

Autore: Robert L. Stine
Pagine: 182
Prezzo: € 6.56
Uscita: 10 maggio 2016
Genere: Horror
Casa Editrice: Mondadori

Recensione: Amanda e Josh sono fratelli, rispettivamente di dodici e undici anni, e si stanno per trasferire nella casa ereditata dopo la morte di un lontano prozio.
Cascata Tenebrosa, paesino dalle tinte tradizionali e stranamente silenzioso, sembra non piacer molto ai due ma l’inaspettata fortuna è troppo allettante per i loro genitori, quindi tocca inscatolare tutto e salutare gli amici di sempre.
Tra i capricci insistenti di Josh, gli strani comportamenti da parte del loro vecchio cane e le “allucinazioni” di Amanda, la permanenza non è facile. Siamo però sicuri che tutte le stranezze, siano solo il frutto della stanchezza e del cambio di routine?
«Una volta abitavo in questa casa…»

Per questa lettura devo obbligatoriamente incolpare Yotobi. Nel luglio 2023 decide di parlare dei primi 62 titoli dei Piccoli Brividi ed io, che da bambina non leggevo una fava ma da adulta sì, ho improvvisamente sentito il bisogno di recuperarli. Tutti.
Questo è il primo titolo.

Trovo che non ci sia poi molto da dire, si tratta di una storia dell’orrore per bambini, che ha uno sviluppo veloce e poche spiegazioni.
Marchio ormai noto della serie.

Amanda e Josh sono nati e cresciuti nella stessa casa, pensare quindi di doversi trasferire lontano dagli amici e da ciò che conoscono bene, è un trauma difficile da gestire. Il cambio dei punti fermi è una grande cosa e ci sta che qualcuno non la prenda benissimo. Vuol dire anche salutare, spesso per sempre, gli amici storici perché poi si è troppo dipendenti dai genitori per riuscire a vederli in tutta tranquillità. Inoltre, il maniero anche se è molto grande, risulta sinistro e freddo… come se dentro ci vivessero dei fantasmi. Ed è proprio uno di loro che Amanda vede, ma che inizialmente scambia per un semplice intruso.
Colta dalla paura, chiama i genitori ma nessuno le crede. Eppure lei è sicura, irremovibile. Daltronde, come si può scambiare un mucchio di lenzuola per una bambina e viceversa? Sembra che invece sia così.
Pare si sbagli anche sui loro nuovi amici, che inizialmente sembravano minacciosi ma che alla fine, risultano esser tutti simpatici. Forse.
Anche il comportamento strano del cane, che improvvisamente sembra molto interessato al cimitero e abbaia a tutti, sembra che sia assolutamente in linea con i grandi cambiamenti avvenuti. Chissà.
I cambiamenti hanno bisogno di tempo per esser assorbiti e superati.
Se però, si accelerano gli avvenimenti?
Tipo il mio odio per Amanda.
Lo so, è una dodicenne e non posso seriamente arrabbiarmi con una ragazzina che si incaponisce su qualcosa, ma le sue lamentele del “eh ma io ho visto qualcuno, DOVETE credermi, so di non essere pazza” quando poi nessun’altro vede le stesse cose, ad un certo punto mi hanno sfinito. E annervato. Non capisce che in quel modo i genitori la ascolteranno sempre meno (e li capisco).

Comunque, quello che succede tra la fuga del cane, il suo ritrovamento e la fine del libro, si svolge ad una velocità quasi mistica e le risposte che otteniamo sono pari a zero. So che non dovrei mettere a confronto questo titolo con altre cose che leggo abitualmente e che il target è ben lontano dal mio ma, seppur a malincuore, devo dire che è stato “difficile” arrivare alla fine.

martedì 18 giugno 2024

The love hypothesis. Il teorema dell’amore

Autore: Ali Hazelwood
Pagine: 326
Prezzo: € 15.90
Uscita: 21 giugno 2022
Genere: Romance
Casa Editrice: Sperling & Kupfer
Dottoranda in Biologia, Olive Smith crede nella scienza, non nell’amore. Non le è mai importato granché di avere una relazione e di sicuro non le importa di Jeremy, un ragazzo con cui è uscita un paio di volte in tutto. Si dà il caso, però, che lui piaccia da morire alla sua amica Anh, ed è proprio per convincere quest’ultima che Jeremy appartiene al passato che Olive una sera bacia il primo ragazzo incontrato in laboratorio, fingendo che sia il suo fidanzato. Costui, però, si rivela essere Adam Carlsen, giovanissimo professore sexy, noto per comportarsi sempre da tiranno con tutti. Per questo Olive rimane a bocca aperta quando lui accetta di reggerle il gioco con l’amica, rivelandosi una persona affascinante e gentile. All’improvviso, un appuntamento finto dopo l’altro, il mondo di Olive viene stravolto, tanto che è costretta a mettere il suo cuore sotto un microscopio e ad analizzare i suoi sentimenti per Adam. Riuscirà a comprendere che il teorema dell’amore non segue alcuna dimostrazione?

Recensione: Olive è una dottoranda in Biologia, intelligente e dal cuore grande. Così grande, che per convincere la sua migliore amica che Jeremy non le interessa più, bacia la prima persona che incontra in corridoio, facendola passare per la sua nuova frequentazione. Peccato però che la vittima sia nientemeno che il bel tenebroso Adam Carlsen, giovane professore odioso.
Eppure, anche se la sua reputazione lo dipinge come un essere senza un briciolo di empatia, una volta capito le motivazioni del disastroso piano di Olive, decide di aiutarla. Anche perché anche lui ha bisogno di una mano e dato che hanno fatto trenta per lei, perché non approfittarne e fare trentuno con lui?
Faranno credere a tutti di essersi fidanzati.
In fondo, non potrà esser poi così difficile fingere per qualche settimana? Condividere un caffè una volta a settimana per tenere in piedi la messa in scena, sorridersi, condividere un po' di spazio personale l’uno con l’altro.
No?

«Perché me lo chiedi?»
«Mi sembra una cosa che dovrei sapere.»
«Perché?»
«Perché se qualcuno cerca di capire se stiamo davvero uscendo insieme, potrebbe essere una delle prime domande che mi rivolge. Tra le prime cinque, di sicuro.»
La studiò per qualche secondo. «Ti sembra uno scenario probabile?»
«Più o meno quanto fingere di uscire con te.»
Adam annuì, come se ammettesse il suo punto di vista. «Okay. Il nero, credo.»
Lei sbuffò. «Figuriamoci.»
«Che cosa c’è di male nel nero?»
«Non è nemmeno un colore. Non è un colore, tecnicamente.»
«Sempre meglio del verde vomito.»
«No.»
«Sì invece.»
«Be’, si adatta alla tua personalità da rampollo delle tenebre.»
«Che cosa vuol dire…»
«Buongiorno.» La barista sorrise allegramente. «Che cosa posso servirvi oggi?»
Olive fece segno a Adam di ordinare per primo.
«Caffè.» Le lanciò un’occhiata prima di aggiungere timidamente: «Nero».
Olive dovette chinare la testa per nascondere un sorriso ma, quando lo guardò di nuovo, vide che aveva curvato l’angolo della bocca.

Non sono una grande appassionata di commedie romantiche ma quando c’è il cambio di stagione o quando sono particolarmente stressata, trovo siano perfette.

Olive è il classico esempio di come sia sottile la linea tra l’amore verso i propri amici e le pessime scelte. Far finta di uscire con qualcuno per convincere la tua amica nell’uscire con una tua ex frequentazione di cui non ti importa veramente più nulla, credo sia una cosa super carina ma andare alla cieca, denota uno scarso amore per sè stessi.

A parte tutto, strano ma vero, trovo Ol un personaggio privo di difetti e anzi, mi ci sono immedesimata molto, soprattutto la questione spinosa che viene fuori con Tom (un ricercatore e amico di Adam). Mi è piaciuto di come pian piano, cerchi di trovare un punto di incontro con Adam e di come tra i due nasca effettivamente un’amicizia. Mi hanno fatto molto ridere le situazioni imbarazzanti (come la crema solare) e i loro (finti) battibecchi sui gusti l’uno dell’altro.

«Non sopporto il cioccolato.»
Olive lo fissò e scosse la testa incredula. «Dici sul serio? Odi tutto ciò che è delizioso, adorabile e confortante?»
«Il cioccolato è disgustoso.»
«Tu vuoi unicamente vivere nel tuo mondo buio e amaro, composto di caffè nero e bagel insulsi con insulsa crema di formaggio. E, ogni tanto, patatine con sale e aceto.»
«Sono chiaramente le tue preferite…»
«Non è questo il punto.»
«E sono lusingato che tu abbia memorizzato le mie ordinazioni.»
«Aiuta il fatto che siano sempre uguali.»
«Almeno io non ho mai ordinato un Unicorn Frappuccino.»
«Era squisito. Aveva il sapore dell’arcobaleno.»
«Cioè dello zucchero e del colorante alimentare?»
«Le mie due cose preferite nell’universo.»

Ma poi

Domenica il cellulare le squillò mentre correva sul tapis roulant della palestra. Quando il nome di Adam comparve in cima allo schermo, si affrettò a leggere. Soltanto che non c’era molto da leggere: era l’immagine di un’enorme bevanda in un bicchiere di plastica, sormontata da quello che sembrava un muffin. La didascalia recitava orgogliosamente FRAPPUCCINO ALLE SPEZIE e, sotto, un messaggio.
ADAM: Credi che riuscirò a portarlo di nascosto sull’aereo?
Lei sorrise come un’ebete.
OLIVE: La Transport Security Administration è nota per l’incompetenza.
OLIVE: Anche se forse non fino a questo punto?
ADAM: Peccato.
ADAM: Vorrei che tu fossi qui, allora.
Olive continuò a sorridere per molto tempo. Poi, quando si ricordò del casino in cui si era messa, tornò seria e sospirò.

Sono un tripudio di cuorici ed unicorni.
Frecciatine, sorrisi e tanta tolleranza verso qualcosa di diverso. Anche molto sostegno, ma non di quello dove “andrà tutto bene”. E’ l’esserci concretamente, senza indorare la pillola ma comunque cercando di comprendere ed essere di sostegno.

La cupezza di Adam a parere mio è un tema molto interessante.
Per tutto il campus è temuto dai sottoposti e osannato dai professori perché è bravo e metodico. Lui è l’unico a far piangere i dottorandi alla velocità della luce, pretende la perfezione e non gli importa se non lo sopportano (nemmeno se ne accorge). Per lui la scienza deve esser fatta in modo rigoroso e basata sui fatti.
Faccio il mio lavoro. Che non è dare riscontri piacevoli o alimentare l’autostima degli specializzandi del dipartimento. Il mio compito è formare ricercatori rigorosi che non pubblichino porcherie inutili o dannose, capaci di ostacolare il nostro settore. Il mondo accademico è pieno di pessima scienza e di scienziati mediocri. Non me ne frega niente di come mi vedono i tuoi amici, purché il loro lavoro sia all’altezza delle aspettative. Se vogliono arrendersi quando qualcuno dice loro che non lo è, allora facciano pure. Non tutti hanno ciò che serve per essere scienziati, e quelli che non ce l’hanno vanno eliminati.
Un pò duro, non lo nego, però è difficile non appoggiare queste parole. Se penso a cosa c’è nel mondo accademico quasi quasi mi viene da dire “più Adam per tutti”.
Perché il suo modo di fare denota comunque una grande passione in quello che fa, lui si dedica anima e corpo in questo ed in cambio pretende lo stesso dagli altri.

Menzione speciale anche a Malcom e Anh, che sono i migliori amici di Ol e che sono anche la sua famiglia.
L’unico difetto che ho trovato, secondo me è l’epilogo. Un pò meh rispetto al resto.

venerdì 14 giugno 2024

Cronache delle terre mutate

Autore: Martina Monti
Pagine: 528
Prezzo: € 19.90
Uscita: 10 marzo 2023
Genere: Fantascienza; Distopico
Casa Editrice: Delrai Edizioni
In un futuro lontano, una guerra nucleare ha spazzato via l’antica civiltà. Il mondo, però, si è presto adattato alla nuova Età, cambiando la sua morfologia e trasformando gli esseri viventi. Bombe e potenti armi, andate già perdute, hanno formato crateri, innalzato la terra in montagne, desertificato zone e prosciugato laghi, deviato fiumi e creato boschi a discapito delle zone urbane, ormai abbandonate. A seguito di quegli eventi, hanno iniziato a nascere bambini sempre più malformati, mutati, fino a quando queste alterazioni si sono stabilizzate in tratti tipici, definendo una nuova razza: gli Abarimoni. Diversi dagli Umanidi, discendenti diretti degli uomini, combattono questi ultimi e li schiavizzano, convinti della loro inferiorità nel nome di Salmace, un dio-dea che ha esaltato il nuovo gene come marchio dei prescelti. Ma i tempi cambiano e una minaccia sconosciuta incombe sulle rovine di un’era che vede il suo tramonto; Umanidi e Abarimoni dovranno ben presto fare i conti con la dura realtà che vede entrambe le loro razze in pericolo. Non si è mai al sicuro quando si lotta per la sopravvivenza e la vita umana inizia finalmente ad avere tutt’altro valore.


Recensione: Con i lettori che conosco, sono solita parlare dei libri che qualche volta abbandono ma, raramente li porto su questi schermi.
Parlare di un libro che non ho finito fa sì parte dell’esperienza di lettura, ma è anche vero che per dare una motivazione sensata dovrei spoilerare più o meno tutto. La cosa a me non crea problemi però posso capire che non a tutti piaccia. Quindi evito, dove posso.
Ecco, oggi non posso.

Qualche tempo fa mi è stato proposto di leggere “Cronache delle terre mutate” e dato che le vibes sembravano allettanti, ho accettato.
Certo, stavo entrando in un bel blocco di lettura ma ho voluto crederci.
Faccio una piccola e doverosa premessa, non ho nulla contro Martina Monti, questo è il primo libro che leggo ma sarà probabilmente anche l’ultimo.

Ci troviamo in un mondo post apocalittico, dove la terra che noi conosciamo ha cambiato totalmente veste.
Come in ogni guerra nucleare che si rispetti, dopo aver devastato ogni cosa, costringe i pochi sopravvissuti a doversi rimboccare le maniche senza però aver veramente tempo per piangere chi non c’è più. Le radiazioni hanno cambiato per sempre ogni essere vivente e alcuni bambini nati dopo quel fatto, presentano malformazioni. Qualcuno muore, qualcuno muta fino ad arrivare a creare una nuova variante.
Ora esistono due razze: Umanidi e Abarimoni.
Gli Abarimoni, sentendosi superiori rispetto agli Umanidi, schiavizzano e sterilizzano questi ultimi. I pochi che riescono a fuggire da questo maltrattamento, spesso vengono inseguiti e catturati dai Cacciatori.
Isaac, Cacciatore con una morale, viene ingaggiato dai seguaci di Salmace per trovare un’Umanide che pare uccida gente innocente.
Peccato non sia la verità.
Il vero nemico non è la giovane umana ma la natura stessa degli Abarimonti, solo che non lo sa ancora nessuno.

Percepivo delle vibes di Hunger Games, Divergent e molti altri distopici che ho letto/visto passare negli anni.
Peccato che dopo le iniziali premesse, ci sia un susseguirsi di comportamenti così infantili che avrei voluto lanciare il libro.

Isaac, dopo aver scoperto che la ragazza catturata non è un’assassina, si offre di aiutare i suoi amici a liberarla. Fin qui, tutto bene, nelle sue poche regole c’è il non catturare mai persone che fanno ciò che fanno per disperata necessità ma, la guerriera del gruppo uccide un seguace di Salmace facendo di testa sua. Perché non si sa controllare. Questo è stato il primo campanello.
Una volta tornati tutti al sicuro, la comunità Umanide capisce di doversi mettere in viaggio perché il loro nascondiglio non è più sicuro. Dopo una serie di peripezie e incontri non propriamente positivi, si notano i primi comportamenti infantili.
La compagna della ragazza salvata si lamenta del fatto che lei non riesca a superare il suo trauma, che si deve spicciare perché è stanca. Fatemi capire, questa viene rapita, torturata, pensa di morire o comunque di non rivedere mai più i suoi amici ma si deve far passare tutto dopo tre giorni. Con uno schiocco di dita, sparito tutto, come se non fosse successo nulla. Lo so, non tutti reagiamo allo stesso modo, però, santo cielo!
C’è anche l’uso di certe parole verso i propri compagni di comunità. La guerriera? Lei è all’improvviso diventata una psicopatica. Va bene che non si controlla ma fino a due giorni prima era parte del gruppo e utile per salvare la vita a tutti. Il ragazzo salvato dalle celle che aiutava il medico, anche se non aveva più un braccio e un’occhio? All’improvviso è uno storpio o un bastardo perché ha deciso di farsi impiantare un nuovo arto. L’amico della guerriera che ha sempre avuto una cotta per lei ma che non ha mai avuto il coraggio di esternare? Sottilmente le dà della sgualdrina perché preferisce Isaac e non lui.
All’improvviso, vengono a galla tutta una serie di comportamenti che non hanno molto senso. Posso capire chi si arrabbia per la perdita di una persona cara, il dolore è una brutta bestia ma il resto, no.
Tra l’altro, sembra che abbiano una calamita per i disastri perché da quando si mettono in viaggio, non c’è mai pace. Di per sé non sarebbe un punto negativo, perché il bello di queste storie è anche quello di esasperare alcune situazioni ma ehi, l’attacco dei nuovi Mutanti è veramente troppo. C’è della cattiveria gratuita.
Postilla per i nuovi Mutanti.
Gli Abarimonti, mannaggia a loro, ad un certo punto sviluppano una mutazione che se attiva li porta a diventare delle bestie assetate di morte e impossibili da abbattere. Basta lo scambio di un qualsiasi fluido per essere infettati. Gli Umanidi ne sono immuni ma i meticci? Nel punto dove sono arrivata io, il proprietario della villa che accoglie la comunità in viaggio si premura soltanto di sapere se ci sono degli Abarimonti con loro. Ovviamente proseguendo nella lettura troveremo risposte a questa domanda ma nessuno si pone prima questo quesito? Devo per forza urlare? Cosa siamo, in una versione distopica del Trono di spade?!

Mi dispiace anche un po’ non arrivare alla fine, perché da un certo punto di vista la storia è fatta bene, ha del bel potenziale ma su di me, ha lo stesso effetto di una passeggiata tra le ortiche.

martedì 11 giugno 2024

La stanza dei serpenti

Autore: Alberto Verzè
Pagine: 238
Prezzo: € 16
Uscita: 21/09/2021
Genere: Thriller
Casa Editrice: Viola Editrice
A Long Seat Lake ogni cinque anni una ragazza scompare senza mai fare ritorno. Alan Pyrst è stato segnato da un evento indelebile: anche sua sorella Nathalie è sparita nell’anno 2000. Quindici anni dopo, Alan e i suoi amici si ritrovano coinvolti direttamente in questo enigma in seguito alla scoperta fortuita di un cadavere ignoto lungo il sentiero per la “Secret Beach”, la spiaggetta in cui il gruppo è solito incontrarsi. La terrificante vicenda li spinge a cercare di ottenere maggiori informazioni, scavando nel passato e nel presente della cittadina adagiata sulle rive del lago. Tuttavia, gli indizi raccolti sembrano condurli a uno strano simbolo. Un simbolo plasmato dalla morte stessa… ma il peggio dovrà ancora arrivare…


Recensione: A Long Seat Lake ogni cinque anni una ragazza scompare senza mai fare ritorno. Lo sa bene Alan Pyrst, perché è così che ha perso sua sorella maggiore Nathalie, nel lontano 2000.
Ora, quindici anni dopo quel terribile fatto, Alan ed i suoi amici si ritrovano a dover fare i conti con questo insolito mistero. Chi si nasconde dietro queste sparizioni e perché la polizia non riesce a trovare il colpevole? Gli incubi di Alan sono per caso collegati a tutto quello che sta succedendo?
Loro malgrado, dopo aver trovato un cadavere, si trovano invischiati in questo turbinio di segreti.
Saranno pronti a sacrificare ogni loro certezza?

Trovo che la copertina di questo libro sia ammaliante.
Non è spettacolare e nemmeno priva di difetti ma comunque fa il suo sporco lavoro. Il rosso affascina e quella barca, che sembra essere sorretta da un groviglio di serpenti, suscita curiosità. Come dite? Perché sto partendo da quello e non direttamente dalla storia? Beh, fatevi due domande.

Spesso mi sento una tragica rompina o comunque un’eterna insoddisfatta. Trovo sempre dei lati negativi nelle storie che leggo ma vi giuro che non lo faccio intenzionalmente. Non mi diverto nel parlare male del lavoro degli altri, so bene quanto impegno ci vuole per scrivere un libro e conosco la sofferenza dell’editing ma per l’amor del cielo, non posso chiudere sempre gli occhi.
In questo caso specifico, devo dire che mi sono cadute le braccia per due semplicissimi motivi. Punto primo, l’inutilità di certe scene che non servono alla storia (giusto per fare un piccolo esempio, a nessuno interessa sapere che Alan, dopo essersi fatto la doccia, usa energicamente un asciugamano sui capelli e che per farsi bello per la sua bella, decida di usare un profumo. Sono piccoli dettagli che dovrebbero creare atmosfera ma che in questo specifico caso, dopo righe e righe di scene del genere e quasi nulla sul fronte mistero, facciamo che anche no?) e punto secondo, la troppa velocità nel descrivere la parte finale che si svolge nel giro di “due pagine”. La suddivisione delle cose, a mio avviso, non è stata fatta in modo bilanciato.

C’è poi una scena che proprio mi fa uscire di testa per la “stupidità”.
(ATTENZIONE, POSSIBILE SPOILER)
Ad un certo punto della storia, Alan ed il suo gruppo di amici decidono di andare alla “Secret Beach” con tre ragazze. Insieme a loro, solo per quella volta, uno dei ragazzi porta con se un cane da caccia e pare che sia il migliore (ed il più coccolone) della muta.
Mentre stanno seguendo il sentiero, l’animale sembra dare di matto ma in qualche modo riescono a tenerlo vicino a loro. La stessa cosa si ripete quando tornano verso le macchine ma con un esito differente. Alan e due degli amici inseguono il cane nei rovi e appena lo trovano, notano che sta scavando il terreno in modo forsennato.
Chissà come mai, eh?
ORA, io dico. Da non molto tempo è scomparsa una ragazza e con voi c’è un eccellente cane da caccia. Siete in un posto praticamente introvabile perché il sentiero è nascosto quindi nessuno ci passa. Posso capire che il ritrovamento di un cadavere non sia il primo pensiero ma insomma, cadere dal pero in quel modo è fin troppo ridicolo.

Ovviamente questa scena non rende il libro brutto, fa solo cadere l’anima. A rendere però la lettura negativa è l’insieme di vari dettagli che, come dicevo sopra, non sono stati mescolati bene.
Tra l’altro, la scena madre che dovrebbe farci sgranare gli occhi per la sorpresa, dura solo un battito di ciglia e in conclusione, rimani con in mano un pugno di mosche. Cosa ha spinto i colpevoli a fare quello che hanno fatto e come sono riusciti a trovare i loro adepti? Perchè Nathalie ha buttato tutto al vento? C’è o non c’è un collegamento soprannaturale tra i due fratelli? Perché Alan alla fine ha buttato tutto al vento, al posto di reagire?
Insomma, dopo duecento e passa pagine, mi trovo con più domande di prima e le risposte le devo cercare nella mia fantasia perché anche ripensando alla lettura appena finita, non trovo molto materiale che possa aiutarmi. Questa cosa mi rende molto triste perché l’idea di fondo era interessante e poteva venir fuori un qualcosa di molto ansiogena, vista la famosissima stanza dei serpenti. Anche la storia di Nathalie sarebbe stata molto utile per fare atmosfera ma la vediamo passare come una meteora… L’unico vero punto a favore di tutto questo è la fluidità con cui si fa leggere.
Invocazioni a parte.

venerdì 7 giugno 2024

E così vuoi lavorare nell’editoria. I dolori di un giovane editor

Autore: Alessandra Selmi
Pagine: 125
Prezzo: € 9.40
Uscita: 17/04/2014
Genere: Narrativa
Casa Editrice: Editrice Bibliografica
Il tuo veterinario ha scritto un libro. Anche la moglie del tuo panettiere ha scritto un libro. E ieri sera il benzinaio ti ha guardato strano, quando gli hai detto che lavori in editoria. Stamattina hai scoperto che pure il tuo amministratore di condominio ha scritto un libro; anzi lui ha già pubblicato un libro, ma naturalmente, dopo il plauso di amici e parenti, ora ha deciso di volerlo “migliorare un po’”, prima di sottoporlo ai Grandi Gruppi Editoriali, o di candidarsi alla seconda edizione di Masterpiece. In cima a questa scala sociale ci sei tu, che hai scelto di lavorare in editoria, di sacrificare i tuoi anni migliori al culto delle virgole altrui, al fascino dei riscontri, all’altare della “passione per la lettura”. Una fregatura? Uno slalom tra precariato e incubi a base di refusi e strafalcioni d’autore? In un paese in cui tutti scrivono e pochi leggono, Alessandra Selmi ci accompagna in casa editrice, ci racconta con humour come i libri si fanno (e spesso si disfano, per renderli migliori) e come sopravvivere alla fatidica frase “Che bel lavoro che fai! Quanto ti invidio!”.


Recensione: Dodici anni fa, quando ho aperto il blog, non conoscevo davvero quel mondo.
Certo, su Facebook ero “amica” di qualche blogger ma con nessuno di loro ero abbastanza in intimità. Non potevo permettermi di affrontare certi discorsi e non me la sentivo nemmeno, perché nel bene e nel male è sempre difficile raccontare oggettivamente come stanno le cose e perché solitamente la domanda è più incentrata sul lato tossico della categoria. In pratica, quello che tutti vorrebbero sapere è se ci sono elementi e/o situazioni da cui star lontani.
Quindi, come tutte le persone che iniziano un nuovo percorso, sono andata un po’ a tentoni scoprendo nel tempo più o meno ogni cosa. Ovviamente sarebbe stato più facile se avessi avuto un manuale dove rifugiarmi, avrei evitato certi errori e/o figuracce ma “ai miei tempi”, potevo solo sognare.

Quando qualche mese fa ho visto questo libro, ne sono rimasta un po’ affascinata. Prometteva di essere una lettura divertente su una sfera lavorativa a me sconosciuta. Certo, 125 pagine non sono molte ma non si professava un manuale e per farsi due risate con le sfighe degli altri, parevano abbastanza.
Ecco, parevano.

Lo so, qualcuno potrebbe pensare “Se pensi di essere così brava o così superiore, perché non scrivi tu un libro, al posto di star qui a sputar sentenze?” e potrei anche darvi ragione ma non lo farò.

Alessandra Selmi racconta di come ha deciso di intraprendere il lavoro dell’editor e alcune delle sue esperienze.
Non metto in dubbio la loro autenticità, so bene quanto possano essere bizzarre ed egocentriche le persone ma in questa raccolta ne parla in modo superficiale e a tratti ripetitivo.
Un pò come per una raccolta di barzellette anni ‘90, le stranezze vengono riportate in modo molto veloce e con ancora di più solo le spiegazioni sull’impatto che possono avere su una persona che fa quel mestiere.
Ripeto, non vuole essere un manuale e quindi capisco la non presenza di pagine e pagine di descrizione ma sono quasi più freddure e sinceramente, se l’avessi capito prima, non l’avrei preso.
In tutta onestà, devo dire che sono dispiaciuta per questa occasione mancata. Non posso dire di non aver riso e non dirò nemmeno che ci ho messo più tempo del necessario per leggerlo ma ad ogni fine capitolo, qualcosa mancava sempre.

martedì 4 giugno 2024

L’ultimo spettacolo

Autore: Fabio Boaro
Pagine: 236
Prezzo: € 9.99
Uscita: 29/09/2022
Genere: Giallo; Thriller
Casa Editrice: Self
David Leroil ha sempre odiato i reality show e la TV spazzatura, ma adesso, superati i trent’anni, molte delle sue certezze sono venute meno.
Ha alle spalle un brutto divorzio, è intrappolato in un lavoro che non lo gratifica e passa quasi tutto il suo tempo da solo.
Perché quindi non tentare qualcosa di nuovo?
Un nuovo reality show, un evento mai visto prima.
La premessa è semplice: sette persone chiuse in una grande casa, che dovranno trascorrere una settimana sotto i riflettori, partecipando a un gioco di ruolo. “Vittime” che dovranno sfuggire a un “killer”, per non essere eliminate dalla competizione.
Il premio? Cinque milioni di dollari e la popolarità a livello globale.
E’ tutta una finzione, non c’è alcun rischio…
Una volta all’interno del programma, però, le cose prendono una piega sinistra.
I contatti con l’esterno sono interrotti, e David, insieme agli altri concorrenti, inizia a vivere un incubo a occhi aperti.
Chi sarà il Last Man Standing?


Recensione: L’ultimo spettacolo racconta la storia di un Reality che, come tema, ha il gioco di ruolo.
Sette concorrenti isolati in una casa, una settimana a disposizione per vincere il programma e una considerevole somma in denaro.
Le regole sono poche e semplici.
Sei vittime ed un killer.
Non avranno contatti con il mondo esterno per tutta la durata del programma, le telecamere riprendono tutto il tempo, possono fare quello che vogliono ma ad un certo punto della sera saranno obbligatoriamente confinati nelle loro stanze e non potranno uscire fino alle sette del mattino.
Avranno 168 ore di tempo per scoprire chi di loro è il killer mentre lui avrà il compito di ucciderli, uno al giorno.
Ovviamente saranno uccisioni simboliche ma cosa succede quando questa convinzione si scontra con un fiume di sangue?

Posso dirlo? “PER ME E’ NO.
L’idea di base era potenzialmente spettacolare. Richiudere sette persone totalmente differenti in una casa e vedere fin dove sarebbero stati disposti a spingersi per un mucchio di soldi… Una meravigliosa critica al mondo dei Reality e all’umano stesso, gestita però in malo modo e con un’italiano decisamente discutibile.
Questo genere di lettura è tra le mie preferite, non tanto per la questione morale (che comunque ha il suo fascino) quanto per la tensione che si dovrebbe creare. Certo, non avendo io una grande opinione della maggior parte della gente, capire chi sia la “mela marcia” del gruppo è un compito semplice ma, per come sono stati caratterizzati i vari personaggi, anche un neofita non avrebbe avuto problemi.
Non posso fornire una descrizione dettagliata sui sette concorrenti, magari volete leggerlo anche voi, però posso assicurarvi che è facile.
Oltre a questo, per più della metà del libro la passiamo a conoscere il protagonista numero uno, colui che i Reality li odia ma che ci finisce dentro. Un po’ per caso e un pò per scelta, sarà lui la voce narrante e lo farà in un modo così patetico che ad un certo punto quasi capisco le parole del killer e la sua voglia di giocarci un po’.
Empatizzare con gli altri è impossibile, non ne abbiamo il tempo e sinceramente, Fabio Boaro sembra non averci messo nemmeno lui una gran voglia. La tensione non l’ho vista nemmeno con il binocolo, lo spiegone finale mi ha fatto urlare “VA CHE LO SAPEVAMO GIà TUTTI, SEI L’UNICO CON LE FETTE DI SALAME SUGLI OCCHI” e il finale lo trovo inspiegabile. Nel senso, sapevo già come avrebbe reagito il vincitore perché a quel punto il tripudio di banalità non poteva fermarsi ma il ritorno di un certo personaggio, mi ha lasciato un gigantesco punto di domanda. Sarà stato l’ennesimo insegnamento che i soldi possono sanare qualsiasi cosa? Chissà.
Quello che è certo, è che mai più un self (di Fabio ho anche “Ritorno a casa”, seguito penso non obbligatorio di questo libro ma per come stanno le cose, mi sa che non lo leggerò mai, anche se sono meno di cento pagine).