Pagine: 400
Prezzo: € 19
Uscita: 07/07/2020
Genere: Suspance, Thriller
Casa Editrice: Rizzoli
Un cadavere mutilato emerge da un tumulo di sterpaglie. Un ragazzo scalzo e magro dice di chiamarsi Leone e che quello è il corpo di suo padre, con cui ha sempre vissuto nei boschi. Quale segreto si nasconde tra le montagne impenetrabili del Centro Italia? La risposta spetta al commissario Lucia Pacinotti. «Un’altra sigaretta e poi vado» è la frase che ripete tra sé mentre è appostata in macchina cercando il coraggio di bussare alla porta del suo vecchio compagno di università, Marco Lombroso. Nonostante la frattura improvvisa che li ha separati anni prima, lui è l’unico che può aiutarla a dipanare il mistero del “ragazzo dei boschi”. Ciò che Lucia non sa è che bussando a quella porta costringerà Marco a riaprire anche il vecchio baule ereditato dal suo avo, Cesare Lombroso. Tra le pagine dell’Atlante dei criminali, nei pattern che collegano i crimini più efferati della Storia, si cela la verità, ma per trovarla è necessario addentrarsi nei fitti boschi delle montagne e in quelli ancora più intricati dell’ossessione per il male.
Recensione: Se qualcuno dovesse basarsi solo ed esclusivamente alle recensioni che faccio ultimamente, non direbbe mai che ho una passione per i thriller. Eppure, questo genere mi ha sempre accompagnato nel mio cammino da lettrice.
Il problema, secondo me, è che ne ho letti così tanti che alla fine capisco velocemente chi sia l’assassino. Oppure lo sono anche io, e leggo solo cose più o meno ovvie.
Scherzi a parte, è un genere che mi ha portato ad essere molto selettiva, e quindi, ne parlo molto poco. Quando mi è stata proposta questa lettura, non ero particolarmente emozionata ma ero rimasta curiosa dal dettaglio degli archetipi; quando parliamo di menti perverse e schemi fissi, divento estremamente attenta.
Lucia Pacinotti, commissario di un posticino dove non succedono poi così tante cose, un giorno viene chiamata nel bosco per il ritrovamento di un cadavere ed un “ragazzo” di nome Leone. Dice di aver camminato per molto tempo e di essersi perso, che una mattina ha trovato il padre morto e non sa come. Non ha memoria di dove sia la sua casa, ma una cosa la sa benissimo; vive nei boschi.
Lucia però non può chiudere il caso in due giorni, vuole capire chi sia realmente quel ragazzo senza identità e perchè il “padre” sembra esser morto con dei segni da rituale. Cosa si nasconde dietro tutto quel silenzio?
Per arrivare ad una svolta significativa, ricontatta il suo vecchio migliore amico, con cui ha passato del tempo durante l’università. Avranno anche chiuso i rapporti in modo a lei incomprensibile, ma non può certo mentire sull’intelligenza del ragazzo e dal fatto che sbrogliare matasse, lo eccitasse in modo spropositato. Così Marco Lombroso entra in campo, anche se a conti fatti non ha nessun titolo per farlo.
Gli basterà parlare una volta con Leone, per innescare il conto alla rovescia; ci sono altri bambini da salvare, ma quanti?
Come dicevo, è un genere che mi appassiona molto, ma trovo difficile scovare un autore che riesca a bilanciare al meglio la narrazione della storia con i dati veri. Racconto e Insegnamento, sono due cose che se vanno di pari passo, sanno incollare alle pagine anche il più reticente dei non lettori.
Inutile dirvi che l’ho letto in un giorno solo (benedette ferie) e che ho trovato affascinanti gli Archetipi e l’Atlante dei serial killer. In realtà, dirante la lettura mi è tornato in mente un libro che ho visto lo scorso anno che cavalcava un’onda molto simile, ma incentrata sulle donne e sul come capire chi avrebbe potutto uccidere o diventare una meretrice. Ammetto di aver avuto una gran voglia di comprarlo e leggerlo, ma il costo proibitivo mi ha messo davanti ad una scelta; ne valeva la pena?
Cesare Lombroso, cercava di trovare un collegamento tra i vari killer e si chiedeva, da un lato anche giustamente, se certe persone nascessero con quella tara. Magari avevano dei tratti comuni, facilmente riconoscibili se scoperti, che potevano impedire molte future morti. Lo so, basare tutto solo su una questione estetica è moralmente ingusta ma, pensandoci bene, da qualche parte bisognava pur iniziare. Che poi, non è che sia andato troppo lontano il modo in cui si classificano le persone pericolose.
Se avete visto un pò di puntate di C.S.I., saprete in maniera abbastanza superficiale che tra le domande che gli agenti fanno per redigere un profilo, è chidere dell’infanzia di qualcuno, perchè spesso chi da grande uccide, dimostra di esser estemamente insensibile e/o ossessivo da piccolo. O di aver avuto un’infanzia diffile, fatta di abusi e violenze.
In questa storia, Marco si è affidato agli Archetipi per catalogare più o meno tutta l’umanità e grazie a questa sua freddezza/abilità, riesce a scorgere delle piste che invece, molti agenti ignorano. Lucia è invece quel tipo di persona che per quanto sia molto brava, ha un certo limite e teme molto spesso l’empatia che si può creare con un “mostro”. Perchè insomma, se capisci come pensa, forse non lo sei un pò anche tu?
Quello che ora mi domando, è se ci saranno altri libri dove verranno proposte altre tipologie di assassini.