Pagine: 256
Prezzo: € 17.50
Uscita: 15/10/2019
Genere: Paranolmal
Casa Editrice: Sperling & Kupfer
Una casa abbandonata vicino al cimitero dove, si mormora in paese, viveva un pazzo che odiava i bambini. Sono passati anni dalla sua morte, quasi nessuno ricorda più quell’uomo, ma chi osa entrare sente ancora qualcuno che fischia e viene scacciato a sassate. Eppure l’abitazione è vuota. Nel 2018 Paolo e Debora, fondatori del PIT (Paranormal Investigation Team), ricevono una segnalazione e decidono di investigare. È così che prende il via La casa del pazzo, una delle loro indagini più torbide e terrificanti, che ha tenuto a lungo i fan con il fiato sospeso, perché nulla era come sembrava. Neanche la conclusione. Paolo e Debora, infatti, avvertivano che qualcosa stava sfuggendo e hanno portato avanti un’ulteriore ricerca, affiancati dal loro team, perlustrando caserme abbandonate, ruderi, vecchie chiese e manicomi per scoprire l’agghiacciante rivelazione finale. In questo libro, ripercorrono l’intera storia, svelano particolari inediti, forniscono foto, testimonianze e prove inoppugnabili, e raccontano l’ultimo, angosciante segreto. Quello che teneva un’inquietante presenza legata alla casa, incapace di trovare riposo.
Recensione: Spesso mi capita di scegliere storie che contengono note soprannaturali, fatte di occulto e dubbi su ciò che può essere reale o meno. Sono storie inventate, o così strane che è difficile prenderle per veritiere. Anche i libri “tratti da una storia vera” in fondo non riescono a sembrare del tutto reali, quindi mi sono approcciata a questa lettura con ben poche pretese e solo una speranza; non annoiarmi.
Paolo e Debora sono una coppia che ha deciso di fare un lavoro molto particolare e decisamente poco gettonato.
La Paranolmal Investigation Team, si prefigge lo scopo di trovare delle risposte a dei casi in cui la soluzione sembra non esistere, andando oltre il limite della credenza (o cecità) metropolitana attuale.
Gli spiriti ci circondano e qualche volta, comunicano con noi.
La casa del pazzo è un caso estremamente particolare, perché si lega all’infanzia di Debora.
Un uomo viene additato come pazzo, perché lancia sassi da casa sua, contro bambini indifesi e si sospetta di un omicidio, cosa che nel tempo, dopo la sua morte, spinge molti adolescenti ad entrare nella casa come una prova di coraggio. Una sera però, mentre Paolo è alla ricerca del prossimo caso, Debora riceve un vocale da una vecchia amica di infanzia, in ricordo di quel posto e questo accende la scintilla giusta per iniziare una nuova indagine.
Chi era quell’uomo? Era veramente un pazzo? Si aggira ancora in quelle mura?
Credere o non credere alle loro parole?
Su Youtube pubblicano dei video su quello che fanno, in modo da coinvolgere le persone ma, siamo nell’era del digitale, dove è molto facile falsificare video e audio. Non dico di esser prevenuta in tutto e per tutto, sono convinta che ci siano tante cose a noi invisibili, però è così facile falsificare che credere è già un bel miracolo. Tralasciando però questo particolare, la storia da molto a cui pensare.
Il libro parla di un uomo che all’improvviso si scontra con l’abuso di potere e poi, contro le credenze popolane, per arrivare alla fine dei suoi giorni additato come un pazzo, quando forse non lo è del tutto.
La sua storia ci fa capire quanto siano importanti le parole e quanto può uccidere un pettegolezzo falso. Non che sia una vera giustificazione alle cose che compie, però fa pensare al fatto che se le cose fossero andate diversamente, molte cose si sarebbero potute evitare.
Come ho detto sopra, sono una persona diffidente ma, non nego presenze invisibile all’occhio umano. Ho quindi apprezzato la tensione che viene raccontata quando sono in perlustrazione, perché anche se non è reale ciò che provano, la sensazione di ansia nel trovarsi in un posto buio e abbandonato è condivisa e l’angoscia di un ex manicomio, non lascia indifferente nessuno.
Le cose negative invece, riguardano a come è stato assemblato il libro.
Capisco che visivamente sia più scenica una pagina “cancellata”, con righe e righe nere, ma non siamo alle elementari. Capisco e approvo l’idea di oscurare alcuni nomi, luoghi o dati “sensibili” ma dovrebbe esistere un certo equilibrio tra il giusto ed il pacchiano.