martedì 28 maggio 2024

La tana. Tratto da un racconto di Franz Kafka

Autore: Pietro Elisei
Pagine: 64
Prezzo: € 11
Uscita: 22/11/2018
Genere: Narrativa
Casa Editrice: Edizioni NPE
«La tana» è uno degli ultimi racconti di Franz Kafka, scritto nel periodo berlinese e pubblicato postumo dall’amico Max Brod, si colloca tra le opere più complesse dell’autore boemo. Incompiuto e narrato in prima persona, racconta dell’ossessione del protagonista di costruirsi un rifugio perfetto nel quale godere di una sicurezza assoluta, un covo inespugnabile che lo protegga dai suoi nemici. Nemici che altro non sono che perseveranti paure degli altri e di se stesso, sepolte da mille ipotesi, angosce e tormenti senza fine.


Recensione: Io e Franz Kafka non abbiamo mai avuto un gran rapporto.

Per la precisione, non ho un gran rapporto con tutti i vecchi scrittori, posso “salvarne” due o tre ma solo perché ho apprezzato un’opera o poco di più. Il problema sono io, loro si meritano lettori più intelligenti di me.

Ho voluto comunque leggere questo volume perché mi incuriosiva l’idea di raccontare una storia complessa, attraverso le immagini. Tutti sappiamo che sono un mezzo potente e considerato il tema, mi aspettavo qualcosa di strabiliante.

Fin dalle prime pagine, l’angoscia regna sovrana.

In tratto usato rispecchia i sentimenti del protagonista; aggressivo verso un qualcosa che fa paura e cupo, come la sua mente.

Impossibile quindi non capire il tenore della storia, ma è difficile invece capire tutto il resto.

Per chiarirmi un po’ le idee, sono dovuta andare su Wikipedia e leggere la loro trama, che riporta praticamente la spiegazione semplificata. Tra le due, c’è una sola differenza che per me, fa la differenza.

Del protagonista non sappiamo quasi nulla ed è così anche nel racconto originale. Non è quindi un’omissione, semplicemente a Kafka non sembrava necessario farci sapere come il personaggio sia finito lì, se la sua costante paura sia una cosa ereditata da qualcuno, se è nata per via di un trauma o se semplicemente, ci sia da sempre. Fatto sta che questo architetto/topo, non si sa bene in quale luogo del mondo, per tenere a bada la sua ossessione trasforma il suo fortino in un elaborato labirinto. Più aggiunge cunicoli per depistare un possibile invasore e più sente il rischio avanzare, fino al giorno in cui percepisce un sibilo provenire da qualche parte oltre i muri.

Dopo una prima reazione incontrollata di caccia al pericolo, dove spacca a picconate i muri, sembra accettare il suo destino da preda. Ma lo è mai stato?

Come dicevo, c’è un dettaglio che in questo volume mi ha lasciato un punto di domanda.

Tra le pagine, sembrava ci fossero altri personaggi con lui e considerando il delirio che sta vivendo, non riuscivo a capire se fossero solo proiezioni di se stesso o delle sue fantasie, oppure la famiglia. Dato che non conosciamo il passato dell’uomo, poteva tranquillamente essere la storia di una generazione che vive così, al riparo da qualsiasi cosa, anche perché se l’architetto è veramente architetto, in qualche modo dovrà pur aver studiato.

Per qualcuno sarà un dettaglio di poco conto, alla fine il concetto che doveva passare era l’angoscia che aleggiava ovunque, eppure per me è una cosa fondamentale. Con chi ho a che fare? Perché questa persona è così sola? Ha imparato a vivere così? Non che questo mi permetta di capirlo, almeno non del tutto, però mi mette nella posizione di non pensare “ecco l’ennesimo matto scappato dal manicomio”. Magari poteva esser vero, ma se non lo fosse stato?
buzzoole code