martedì 5 aprile 2022

L’ultima gru di carta

Autore: Kerry Drewery
Pagine: 288
Prezzo: € 15
Uscita: 28/07/2020
Genere: Narrativa
Casa Editrice: Rizzoli
Dice un proverbio giapponese: se avrai la pazienza di piegare mille gru di carta, il tuo desiderio si avvererà. È una splendida giornata d’estate. Ichiro, che sta per compiere diciotto anni, e il suo amico Hiro si godono una giornata libera dalla mobilitazione per lo sforzo bellico. Una luce abbagliante accompagna l’esplosione della bomba che cambierà le loro vite e il mondo. Feriti e confusi, i due ragazzi attraversano la città devastata alla ricerca della sorellina di Hiro, Keiko, che si trovava all’asilo. Quando dopo ore di disperata ricerca finalmente riescono a trovarla, alla gioia di abbracciarla illesa si sostituisce presto la consapevolezza di non essere in grado di portarla davvero in salvo. Hiro è ferito gravemente e Ichiro capisce che deve cercare aiuto, che da solo non potrà mai farcela. Chiede a Keiko di aspettarlo lì dov’è e in pegno della sua solenne promessa di tornare a prenderla le lascia un origami, una gru di carta. Ma le cose non andranno come sperava…


Recensione: Non amo fare delle letture a tema, un pò perchè è una moda (e lo detesto) e un pò perchè sono dell’idea che ogni libro ha bisogno del suo tempo. Soprattutto quando il tema scritto, tocca qualcosa di così grande.

Come per altre letture, anche questa volta ho affrontato il tutto con una certa ignoranza.

Ovvio, conosco più o meno bene la storia della bomba atomica fatta cadere su Hiroshima e Nagasaki nell’agosto del 1945, ma ho sempre evitato tutto, ben consapevole del peso emotivo che poteva esercitare anche su di me, che ancora non c’ero.

Poi, all’albra dei trent’anni, ho affrontato l’argomento. O almeno, in parte.

La storia degli hibakusha, ovvero il nome con cui vengono definiti i “sopravvissuti”, fa male anche solo da pensare.

Il protagonista del libro, stava vivendo la sua vita nel modo più tranquillo del mondo. Non era tutta rosa e fiori, aveva dei punti di ombra, ma proseguiva con le sue piccole gioie. Poi, all’improvviso, una luce così bianca da accecare.

Alla fine, il nulla.

Ichiro si sveglia, e si trova catapultato in un mondo che non riconosce più. Dovrebbe essere ancora nella casa del suo migliore amico ma non ci sono più muri e una folta nebbia ricopre tutto. Non sente nulla, nemmeno il suo corpo. Non vede Hiro e non ha abbastanza voce per chiamarlo. Non ha addosso più vestiti.

Nel giro di uno schiocco di dita, tutto si è sgretolato.

Quando finalmente localizza l’amico e lo tira fuori dalle macerie, vede che non è messo bene ma hanno una missione; trovare le loro madri e la piccola Keiko, che avevano portato all’asilo poche ore prima.

In un lento e faticoso avanzare, i due amici si addentrano in un mondo fatto di macerie e sofferenze, costellato di incendi e lamenti. Solo la speranza di trovare le persone care, li spinge a mettere un piede davanti all’altro.

Ma delle tre, solo la bambina sembra essere scampata a tutto. Anche se questo non la porta ad essere fuori pericolo.

Ichiro e Hiro, faranno di tutto per salvarla, a costo della loro stessa vita ma Ichiro, ad un certo punto dovrà prendere una scelta importante, che dopo molti anni ancora graverà sulla sua coscienza.

Ho apprezzato moltissimo la delicatezza di questa storia, che non risulta mai pesante anche se toglie il fiato.

Non posso paragonarla ad altro, ma come primo tentativo lo trovo molto fattibile per quanto poi non sia pieno di informazioni. Credo che effettivamente, sia il suo punto di forza.

Mi sono trovata spesso a parlare con Ichiro, trovandomi a tifare nei suo confronti, colpita dal suo senso di colpa che l’ha logorato per tantissimi anni. Ci sono scelte che vengono fatte in alcuni momenti critici, e che poi segneranno per sempre la vita di qualcuno. Ma come verrà spesso detto a lui, bisogna continuare a vivere e trasmettere la storia alle future generazioni, per far sì che la gente non dimentichi quanto possano far male alcune azioni.

La guerra porta sofferenza da tutte e due le parti. I crimini contro l’umanità, anche peggio.

Il 6 agosto del 1945 una bomba atomica sganciata dagli Stati Uniti colpisce Hiroshima, in Giappone. La città viene annientata per circa il 90%. Il 9 agosto l’orrore si ripete per la città di Nagasaki. Morte e distruzione fanno i conti con i danni irreversibili causati dalle radiazioni. I territori colpiti dall’esplosione presentano quantità di radiazioni incompatibili con qualsiasi forma di vita e gli scienziati dichiarano che per i successivi 75 anni nulla potrà più crescere e sopravvivere.
Gli scenari sono spettrali, i territori circostanti sono completamente abbandonati e quelle zone del mondo restano come spettri intrappolati in una dimensione in cui niente più esiste. Ma a dispetto di quanto la scienza aveva previsto e di quanto forse l’uomo meritasse data l’evidenza della sua follia, la primavera successiva a soli 2 chilometri dall’epicentro della prima esplosione, dal terreno germogliarono le prime foglie e non furono le uniche.
Da quelle foglie nacque la generazione degli Hibaku Jumoku.
Hibaku Jumoku è un’espressione giapponese e significa Alberi Sopravvissuti.
Nonostante la potenza degli ordigni, ben 170 alberi di 32 differenti specie sono riusciti a sopravvivere e sono ricresciuti da piante completamente distrutte dall’esplosione atomica.
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